CAPO SINDACATO EGIZIANO AMBULANTI: ''REGENI ERA UNA SPIA, L'HO REGISTRATO E L'HO DENUNCIATO ALLA POLIZIA''
martedì 24 gennaio 2017IL CAIRO - EGITTO - Giulio Regeni "era una spia, l'ho indotto a parlare e l'ho registrato". Resta convinto della sua versione il capo del sindacato dei venditori ambulanti egiziano, Muhammad Abdallah, che in un'intervista al portale di notizie egiziano 'Shorouk' ha affermato di aver segnalato il ricercatore italiano alla polizia mosso da "spinta patriottica", ma sostiene che dietro la sua morte ci siano "apparati stranieri".
Nei giorni scorsi, la tv egiziana ha diffuso un video che mostra l'ultimo incontro tra il ricercatore, scomparso al Cairo il 25 gennaio dello scorso anno e trovato morto 9 giorni dopo sull'autostrada Il Cairo-Alessandria con evidenti segni di tortura sul corpo, e il sindacalista, che all'insaputa di Regeni aveva registrato la conversazione del loro incontro.
Era il 7 gennaio 2016, pochi giorni prima della scomparsa del ricercatore, e Abdallah gli spiega di avere bisogno di soldi perché la moglie è malata di cancro e la figlia ha problemi di salute: "Ho inventato questa storia per trascinarlo nel discorso e mostrare che era una spia", ha spiegato, aggiungendo che "le domande da lui fatte nei cinque giorni precedenti erano sospette".
Tra queste, "domande sulla rivoluzione, sulla repressione dei venditori ambulanti da parte della polizia, sulla natura del loro lavoro e sulle loro condizioni sociali", ha ricordato il sindacalista, sostenendo che Regeni "mi aveva proposto di partecipare a un bando britannico per ottenere 10mila sterline, che avrebbe ottenuto in coordinamento con un centro per i diritti, e questo in cambio delle informazioni che gli chiedevano".
Il riferimento è al Centro egiziano per i diritti economici e sociali, dove Regeni era in contatto con l'attivista Hoda Kamel, responsabile del dossier dei lavoratori per il Centro, che in un' intervista, ieri, a un'agenzia di stampa internazionale ha affermato di essere stata "purtroppo" lei "a far conoscere Giulio Regeni e Muhammad Abdallah".
Il sindacalista ha infatti dichiarato a 'Shorouk' di aver "ricevuto una telefonata da un'impiegata del Centro che mi chiedeva di aiutare Regeni in una ricerca che stava svolgendo sui movimenti dei lavoratori in Egitto".
Quando il ricercatore gli ha parlato del bando e della possibilità di ottenere dei finanziamenti, Abdallah si è insospettito, "soprattutto perché la fondazione era britannica e non italiana. Così - ha detto - l'ho registrato e ho riferito tutto alla polizia".
Abdallah e Regeni si sono sentiti telefonicamente l'ultima volta il 23 gennaio, due giorni prima della scomparsa del ricercatore. In quell'occasione, Regeni "mi aveva chiesto di iniziare il lavoro, ma io gli ho chiesto di rimandare a dopo l'anniversario della rivoluzione del 25 gennaio", ha ricordato Abdallah, dicendosi convinto che ad ucciderlo siano stati "apparati stranieri dopo che è stato scoperto".
Per giustificare i suoi contatti con la polizia, Abdallah ha spiegato che "siccome il governo ha ignorato i venditori ambulanti per lunghi anni prima della rivoluzione di gennaio, siamo stati costretti a conquistarci la simpatia della polizia per guadagnarci di che vivere in pace, ma dopo la rivoluzione le cose sono cambiate, è aumentata la disoccupazione e in molti si sono messi a fare gli ambulanti, tra cui dei pregiudicati che hanno diffamato la professione".
E ci sono novità anche sul piano politico in Egitto: "Sul caso di Giulio Regeni, ucciso in circostanza ancora da chiarire, probabilmente si arrivera' a una conclusione, ma non posso aggiungere altro". Lo ha detto Ahmed Said, presidente della commissione Affari esteri del Parlamento egiziano, in audizione in Parlamento europeo. "La questione di Regeni sta a cuore alla popolazione egiziana. In qualsiasi bar del Paese si parla di Regeni, tutti lo conoscono, e' una catastrofe per tutti gli egiziani".
Sul caso e sulle indagini in corso "l'ultimo aggiornamento che ho avuto come parlamentare e' che gli investigatori si sono incontrati, quelli egiziani sono stati a Roma e quelli italiani in Egitto, e che si e' soddisfatti" di come stanno procedendo i lavori. "Probabilmente si arrivera' a una conclusione della vicenda, e non ci fermeremo finche' non sara' trovata una soluzione al caso Regeni".